Le guerre civili che divampano a partire da Massimino, da un lato indeboliscono l’impero e lo rendono più vulnerabile alle incursioni dei barbari, che si vanno facendo più incisive e devastanti, dall’altro induce i generali romani a ricorrere in misura crescente all’arruolamento massivo di milizie barbariche. Si tratta di “bande mercenarie comandate da capi propri” (BARBERO 2007: 56), che si vendono al migliore offerente e diventano mine vaganti quando non sono impegnate in azioni di guerra. La politica di forza attuata da Aureliano non si rivela all’altezza del compito e i barbari continuano ad esercitare una fastidiosa pressione dall’esterno, tanto da indurre lo stesso imperatore ad abbandonare la Dacia e a ritirarsi al di qua del Danubio, avviando nel contempo opere di difesa.
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