Posto fine al periodo delle guerre civili, Diocleziano può ritornare alla vecchia politica già inaugurata con successo con Marco Aurelio, che prevede la regolazione del flusso immigratorio dei barbari, secondo gli interessi dell’imperatore. Popolazioni barbariche vengono deportate in massa soprattutto per ripopolare le regioni che, per un motivo o per l’altro, si sono spopolate, “mentre il reclutamento per l’esercito appare nelle fonti come un obiettivo ben presente, ma secondario” (BARBERO 2007: 73). Prevalentemente questi barbari vengono distribuiti nelle zone di confine, dove “possono essere vantaggiosamente insediati come coltivatori, garantendo all’impero un duplice profitto: gettito fiscale e coscrizione di reclute” (BARBERO 2007: 76). L’immigrazione dei barbari continua dunque sotto la Tetrarchia e si svolge sotto il pieno controllo degli imperatori, che, a loro discrezione, deportano forzatamente i barbari sconfitti in battaglia e accolgono quanti chiedono di entrare, allo scopo primario di ripopolare le province desertificate e rendere più sicuri i confini.
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