lunedì 7 settembre 2009

2.18. I barbari sotto Valentiniano

Il successore di Giuliano, Gioviano (363-364), si affretta a ripudiare il paganesimo e riprende la vecchia politica filocristiana, e lo stesso farà Valentiniano I (364-375), un personaggio di nobile stirpe, che ha fatto una regolare carriera nell’esercito, il quale riesce a fondare una dinastia duratura. Dopo aver affidato l’Oriente al fratello Valente (364-378), Valentiniano avvia una politica di riforme, che è tesa soprattutto a potenziare l’esercito ed elevare le condizioni economiche dei soldati, ma a prezzo di un inasprimento fiscale. Per aiutare le classi più deboli, crea dei nuovi funzionari, chiamati “difensori del popolo”. Nel complesso, Valentiniano si rivela un saggio amministratore e un eccellente soldato. Alla sua morte, gli succedono i figli, Graziano (375-383) e Valentiniano II (375-392), che, al momento ha solo quattro anni.
A partire da Valentiniano, gli imperatori non riescono più a fare a meno dei barbari, il cui reclutamento entra a far parte essenziale della loro politica: un buon imperatore deve saper procurare reclute e manodopera presso i barbari, i quali costituiscono ora una risorsa irrinunciabile e sono chiamati a colmare la mancata risposta dei cittadini alla domanda di servizio militare e di manodopera. Intanto, terrorizzati dalla crudeltà degli Unni, i Goti premono sulla riva settentrionale del Danubio e chiedono di essere accolti. Questa volta Valente ricorre alla forza, ma gli va male e deve subire un’umiliante disfatta, che segna un momento di svolta nei rapporti fra imperatori e barbari: d’ora in poi, gli imperatori non potranno più trattare coi barbari da una scontata posizione di forza, ma dovranno scendere a patti con essi. Da questo momento l’integrazione dei barbari diventa un asse portante non solo della politica imperiale, ma anche di quella ecclesiale, che punta sulla cristianizzazione dei barbari.

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