lunedì 7 settembre 2009

2.17. I barbari sotto la dinastia di Costantino

Morto Costanzo, il potere passa a Giuliano (361-3), un nipote di Costanzo Cloro, che è uno dei superstiti della strage dei parenti di Costantino il Grande. Viene acclamato imperatore nel 361. È un uomo di cultura, che disdegna il lusso e ostenta una vita morigerata e austera. Rinuncia all’harem e si veste e si nutre in modo parco e frugale. Somiglia di più ad un asceta che ad un imperatore. Convinto di dover rinverdire i fasti dell’impero e di recuperare il paganesimo, Giuliano caccia dal palazzo la moltitudine dei parassiti, che dilapidano il denaro pubblico, restituisce autorità al senato, migliora le condizioni di vita dei soldati e attribuisce il comando ai più meritevoli, riduce il peso fiscale per ridare respiro all’agricoltura, sostiene le classi più deboli e si prende cura dei poveri, migliora e rende più sicure le vie di comunicazione e le attività commerciali. Come condottiero, vuole farsi emulo di Alessandro Magno e si mostra deciso e impavido, e non disdegna di cavalcare alla testa delle truppe, là dove massimo è il pericolo. Sul versante religioso, concede ai pagani libertà di culto e sostegni economici, mentre priva i cristiani dei privilegi concessi loro da Costantino e li fa oggetto di una campagna denigratoria.
Nel complesso, sia come uomo politico che come capo militare, Giuliano mostra buone qualità, che però non riesce ad esprimere compiutamente, perché colpito a morte da una lancia nel corso di una scaramuccia contro la cavalleria persiana, dopo solo due anni di regno. Gira la voce che a colpirlo sia stato uno dei suoi soldati cristiani. Tale supposizione è avvalorata dal fatto che nessun cavaliere persiano si fa avanti per ricevere il premio promesso a chi avesse ucciso il giovane imperatore romano. Per quanto nobile, la politica di Giuliano è da considerare fuori dal tempo e del tutto improbabile, sia dal punto di vista militare che da quello religioso: ormai, Roma non ha più la forza di espandersi e, almeno a livello popolare, la dottrina cristiana risponde meglio ai bisogni della gente. Così, dopo la morte di Giuliano, i cristiani elevano un coro di critiche sul suo conto e si danno un gran da fare per infangarne la memoria. Ormai, la storia pende dalla loro parte e il vescovo Ulfila riesce nella straordinaria impresa di convertire i Goti al cristianesimo, sia pure nella sua versione ariana, che al momento è la più diffusa.
La politica di Costantino nei confronti dei barbari non si discosta da quella dei suoi predecessori, ma, dopo la sua morte, il flusso immigratorio comincia a sfuggire di mano agli imperatori, che, almeno in parte, devono subirlo: “ora l’accoglienza o la deportazione di immigrati appaiono più raramente il frutto di decisioni unilaterali assunte dagli imperatori, e di campagne offensive deliberatamente pianificate allo scopo, e più spesso come espedienti di una politica di compromesso volta a contenere i barbari che premono sulle frontiere” (BARBERO 2007: 102). Così, Giuliano consente ai Franchi Salii, che sono incalzati dai Sassoni, di insediarsi nella spopolata Gallia, in cambio della loro rinuncia ad attuare razzie in territorio romano. In fondo, agli occhi dei romani, si tratta ancora della solita politica, anche se adesso Giuliano la subisce.

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