lunedì 7 settembre 2009

2.8. Il vescovo di Roma fra II e III secolo

A partire dalla fine del II secolo comincia a diffondersi la consuetudine che i vescovi di ogni provincia si riuniscono due volte all’anno, in primavera e in autunno, per scambiarsi ogni genere di informazioni. Solo all’imperatore è riconosciuta la prerogativa di convocare concili ecumenici e sinodi straordinari. Ovviamente il vescovo della capitale della provincia gode di un maggior prestigio e di una superiore autorità, e lo stesso vale per i vescovi delle città più importanti. È il primo passo verso un’organizzazione centralistica e piramidale. Da questo momento, la Chiesa comincia ad assumere la forma di “una grande repubblica federale” (GIBBON 1967: 435).
La pluralità di dottrine cristiane che circolano nell’Impero tra in II e i III secolo è causa di imbarazzo fra i vescovi, alcuni dei quali lamentano la mancanza di un’autorità centrale e intendono correre ai ripari, creando i presupposti dottrinali per una sua costituzione. Alcuni passi del Nuovo Testamento sembrano deporre per un primato dell’apostolo Pietro, e ciò suggerirebbe di trasferire questo primato ai successori di Pietro. Ma chi sono costoro? L’unico dato certo, secondo una tradizione, è che Pietro ha trovato la morte a Roma. Tuttavia, non vi sono prove che egli sia stato vescovo di quella città e, anzi, secondo i dati storici, non ci sono stati vescovi a Roma per almeno mezzo secolo dopo Pietro. Il fatto è che né Pietro né Paolo ha fondato la chiesa di Roma, dal momento che i cristiani erano presenti in quella città ancor prima del loro arrivo (DUFFY 2001: 16). Inoltre, anche Paolo ha subito il martirio a Roma, e Paolo ha il carisma del vero fondatore della religione cristiana. Su questi due pilastri è possibile elaborare un’ideologia centralistica del cristianesimo.
A provarci, fra i primi, è Sant’Ireneo, vescovo di Lione (177-202 ca.), il quale, dopo aver affermato che l’autorità della chiesa di Roma dipende “dall’essere stata fondata da due apostoli, Pietro e Paolo, e non dal solo Pietro” (DUFFY 2001: 16), indica in Pietro il primo vescovo della città. Inoltre, allo scopo di dare coerenza alla sua teologia, Ireneo si preoccupa di indicare i presunti successori di Pietro e Paolo ed elenca i nomi di Lino, Anacleto, Clemente, Evaristo, Alessandro, Sisto e, infine, quello del proprio contemporaneo Eleuterio. C’è il sospetto che si tratti di una ricostruzione retrospettiva e non storica, fondata solo su esigenze teologiche, come dimostrerebbe il fatto che il Pastore di Erma, un’opera composta a Roma proprio in quel periodo, parla genericamente di “capi” o “anziani” della chiesa, ma non di un capo dei capi (DUFFY 2001: 26). Insomma, ala fine del II secolo, quando i vescovi sono indiscutibilmente le autorità della Chiesa, non esiste ancora un papa.

Nessun commento:

Posta un commento